In via di principio, il licenziamento deve essere considerato di natura disciplinare e, come tale, assoggettato alla disciplina dell’art. 7, legge 300/1970 (statuto lavoratori), che prevede:
- una specifica procedura a garanzia della posizione del lavoratore, attraverso l’imposizione della previa contestazione del fatto in via formale e per iscritto,
- la concessione di un termine per le proprie difese,
- la valutazione delle giustificazioni e/o osservazioni rese dal lavoratore e
- la successiva intimazione del licenziamento in forma scritta e motivata.
IL CCNL Assotrasporti, nell’art. 43 Ritiro della patente di guida, stabilisce una diversa disciplina, per il caso meno grave del “ritiro” della patente, disponendo che il lavoratore dipendente o il socio lavoratore, che per qualsiasi motivo diverso dalla tossicodipendenza e alcolismo (su cui vedere il mio intervento qui) si veda ritirata la patente di guida e fosse perciò impossibilitato a svolgere la propria mansione, potrà essere destinato ad altri incarichi e, conseguentemente, percepirà la retribuzione equivalente al livello lavorativo nel quale verrà occupato o usufruirà di un periodo di aspettativa non retribuita, durante il quale non decorrerà la anzianità di servizio.
Si tratta, all’evidenza, di una posizione globale meno grave rispetto al caso di revoca della patente nelle ipotesi sopraddette, nelle quali non viene previsto un provvedimento espulsivo, essendo oltremodo fatto salvo il trattamento economico della categoria e qualifica di assegnazione, con la possibilità, però, di essere adibito a mansioni di rango inferiore a quelle originarie, sulla base della regola logica/giuridica del c.d. “male minore”.
L’impresa o la cooperativa, in caso di cessazione del termine della causa di sospensione della patente, dovrà ricollocare il socio o il lavoratore dipendente al “livello occupazionale ricoperto” entro trenta giorni.
Solo in caso di mancato assenso del socio lavoratore o del lavoratore dipendente all’offerta globale di cui sopra, ricollocazione o aspettativa, non sorretta da un “giustificato motivo oggettivo”, viene prevista in via automatica “l’immediata risoluzione del rapporto di lavoro” che, in base al tenore letterale del comma 3, dell’art. 43 CCNL, sembra addirittura prescindere dall’erogazione di una indennità di preavviso, considerato che la clausola contrattuale dispone che “restano salvi i diritti già acquisiti dal lavoratore, quali il TFR, prima del ritiro della patente”.
La cosa non deve stupire più di tanto, nella finalità generale di salvaguardia del posto di lavoro garantita dal contratto collettivo, che, a fronte di un rifiuto ingiustificato (ed incomprensibile) del soggetto interessato, contrario alla logica dell’intero sistema di salvaguardia della norma, fa seguire una risoluzione immediata ed automatica, senza necessità alcuna di una comunicazione da parte dell’azienda o cooperativa, la quale si limiterà a confermare per iscritto l’avvenuta risoluzione, precisando la data ed i presupposti contrattuali.
Non siamo in presenza, né di un licenziamento, né di dimissioni volontarie, essendo la struttura della norma sufficientemente equilibrata in modo da enucleare una soluzione che determina un contemperamento delle aspettative e delle posizioni dei soggetti contrapposti.
Articolo di Pasquale Dui tratto dal TN 4/2020 anno XXII
Fonte: TN TrasportoNotizie.