Ma cosa ne è dei procedimenti giudiziari fra committenti e autotrasportatori aventi ad oggetto i costi minimi, avviati quando erano ancora applicabili e ad oggi ancora aperti?
La Corte costituzionale, intervenuta con ordinanza del 13 maggio scorso, ha solo in parte risposto a questa domanda. Interpellata dai tribunali di Trento e di Lucca sulla costituzionalità del regime dei costi minimi, la Corte ha di fatto rimesso la controversia nelle mani dei giudici, affinché siano loro a decidere sulla base degli atti in possesso.
Ciò significa che la Corte costituzionale non si è pronunciata sull’ammissibilità dei costi minimi all’epoca in cui erano in vigore, lasciando ai singoli tribunali l’onere di decidere in un senso piuttosto che nell’altro. Si profila così uno scenario tutt’altro che allettante, ossia una generale eterogeneità nell’applicazione della normativa sul territorio italiano: sulla base delle proprie personali interpretazioni, certi giudici sceglieranno di accogliere le istanze dei committenti, altri quelle dei trasportatori, senza certezza alcuna.
Al tempo stesso, la Corte costituzionale favorisce in parte gli autotrasportatori perché nella sua ordinanza non ha dichiarato incostituzionale il vecchio regime dei costi minimi, decisione che avrebbe automaticamente fatto decadere i ricorsi presentati dai trasportatori per ottenere dai committenti il pagamento delle fatture nel rispetto dei costi minimi, al tempo in cui erano in vigore.
(Fonte: TN Trasportonotizie)