Si tratta di una materia complessa, in quanto volta a contemperare tale diritto con la tutela della sicurezza e dell’interesse della collettività, direttamente, o indirettamente coinvolta, e della realtà aziendale costituita dal datore di lavoro pubblico o privato.
Il principio cardine sancisce che lo sciopero è legittimo se è preordinato al perseguimento di interessi economici collettivi di una categoria di lavoratori, non dunque a tutela di finalità individuali o di diritti estranei al rapporto di lavoro subordinato.
Per quanto riguarda le modalità di svolgimento queste non devono comportare pericolo alla sicurezza delle persone o alla funzionalità e integrità degli impianti dell’impresa datoriale.
Non sono previsti particolari obblighi formali di comunicazione potendo essere proclamato, fatto salvo il principio di cui sopra, anche da coalizioni occasionali di lavoratori, indipendentemente dal riconoscimento delle strutture sindacali organizzate nell’ambito dell’azienda e della categoria.
In linea generale non è necessario un termine di preavviso, a meno che l’abbandono del lavoro possa determinare situazioni di pericolo o di danno per le persone o le attrezzature aziendali.
Sono ammesse azioni a sostegno e alla riuscita dello sciopero, quali la propaganda e l’illustrazione agli altri lavoratori sui motivi e sull’opportunità di aderire; ivi compreso il picchettaggio effettuato da lavoratori scioperanti ai cancelli di ingresso dell’azienda.
Vale la pena di precisare che qualsiasi opera di persuasione non può tuttavia trascendere in minacce o percosse, né obbligare i lavoratori non aderenti allo sciopero a interrompere l’attività contro la loro volontà.
Il datore di lavoro può limitare le conseguenze dannose dello sciopero con il proprio lavoro personale ovvero con i dipendenti non scioperanti, purché siano impiegati nelle proprie o equivalenti mansioni, senza corrispondere ai medesimi trattamenti di miglior favore.
Nella generalità delle disposizioni di legge la giurisprudenza è intervenuta a definire come illegittimi tutta una serie di comportamenti che non consistono in una mera astensione dalla prestazione lavorativa, quali, ad esempio: l’astensione dal lavoro senza l’abbandono della postazione lavorativa; il blocco delle merci già preparate e pronte per l’immissione nel mercato; il rifiuto di svolgere la propria mansione; la deliberata riduzione dell’attività lavorativa; la modifica arbitraria alle disposizioni impartite e, in genere, la non collaborazione.
I servizi pubblici essenzialiVediamo ora, in sintesi, quali sono i servizi pubblici essenziali volti a tutelare i diritti costituzionalmente garantiti: il diritto alla vita, (attraverso la sanità, l’igiene pubblica, la protezione civile, l’approvvigionamento di prodotti energetici e di prima necessità); il diritto alla libertà e alla sicurezza delle persone (mediante le attività di pubblica sicurezza e di amministrazione della giustizia); il diritto all’assistenza e alla previdenza sociale, (mediante le attività volte all’erogazione dei trattamenti retributivi o di quanto necessario al soddisfacimento delle necessità della vita); il diritto alla libertà di circolazione di persone e cose, (i trasporti pubblici urbani ed extraurbani, i trasporti di merci volti al soddisfacimento dei diritti menzionati, il trasporto di animali vivi).
Con riferimento a tali servizi, è sempre previsto, in costanza dello sciopero, l’obbligo di preavviso attraverso i canali di informazione con termine non inferiore a 10 giorni e di effettuare le “prestazioni indispensabili” disciplinate settore per settore.
Articolo di Simone Cogno tratto dal TN 3/2019 anno XXI
Fonte: TN TrasportoNotizie.